Trattamento delle superfici e sicurezza nelle officine

In tutte le officine di manutenzione si fa si ampio materiali per il trattamento delle superfici finalizzato alla pulizia e lubrificazione delle parti, con conseguente rischio chimico associato alla conservazione, all’uso e allo smaltimento di tali prodotti.

Ciò corrisponde ad una responsabilità di datori di lavoro, dirigenti tecnici e responsabili del servizio di protezione e prevenzione che devono predisporre procedure di qualificazione dei fornitori e capitolati di acquisto mirati, aree per lo stoccaggio adeguate, conservazione e gestione della relativa, impianti dedicati all’adeguato isolamento rispetto all’ambiente esterno e processi definiti in maniera rigorosa.

Le complicazioni introdotte al processo per garantire la sicurezza dei lavoratori risentono dell’articolato quadro normativo che in Italia si traduce nel noto Testo Unico D.lgs. 81/08 e nel D.lgs 231/01, sono accompagnate da una serie di convenzioni e Direttive quali il regolamento REACH del 2007, il Regolamento CLP (CE) n. 1272/2008 sulla classificazione, etichettatura e imballaggio di sostanze e miscele, l’analogo Regolamento internazionale GHS per la classificazione, l’etichettatura e l’imballaggio di sostanze chimiche o ancora la Direttiva CE 1993/13 (“VOC”) sulla imitazione di emissioni composti organici volatili.

Ciò introduce un notevole grado di onerosità nelle operazioni di manutenzione quali i lavaggi di processo, le pulizie di pre-verniciatura o i lavaggi di pezzi in manutenzione, collaudo, montaggio.

Un approccio parziale, poiché induce costi non facilmente controllabili, è quello di esternalizzare le operazioni di lavaggio dei componenti presso ditte specializzate in tal senso che attuano le stesse mediante l’impiego di officine mobili che si recano sul posto e assumono esse stesse parte del rischio connesso alle operazioni svolte.

Il progresso nella scienza dei materiali offre tuttavia la disponibilità di intere famiglie di prodotti “VOC free”, ossia esenti da composti organici volatili, che non presentano inoltre etichettatura di rischio.

La ricerca nelle biotecnologie ha consentito di massimizzare il grado di protezione ambientale, tema affrontato anche in sede di definizione dei CAM (Criteri Ambientali Minimi) legati al public procurement, mediante l’individuazione e la sintesi di molecole che consentono di agire a livello di chimica delle superfici in maniera mirata.

Un aspetto importante è anche quello energetico-ambientale: molti di tali nuovi materiali consentono lavorazioni a freddo e non presentano particolari necessità smaltimento grazie al continuo riciclo reso possibile dall’assenza di prodotti solventi soggetti a rapida saturazione.

L’approccio corretto non può essere che quello di un’analisi ad opera di professionisti competenti in grado di svolgere uno screening mirato dei processi in essere e dei prodotti utilizzati: ciò al fine di reingegnerizzare i processi stessi pervenendo ad una drastica riduzione degli obblighi di legge e soprattutto dei rischi per datori di lavoro ed RSPP.